Il tredicesimo Rapporto GreenItaly pone l’attenzione sul potenziale della green economy di rafforzare la competitività delle imprese e la loro capacità di rispondere alle crisi. Presentato dalla Fondazione Symbola e Unioncamere, spiega l’esigenza di accelerare il processo di transizione ecologica nell’economia italiana tra sfide e opportunità.
GreenItaly 2022: la transizione verde dell’industria
La ripresa dopo la pandemia è stata messa a dura prova dal conflitto Russia/Ucraina. L’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, la carenza di attrezzature e manodopera, e interruzioni logistiche, sono tutti fattori che hanno contribuito a esercitare maggiore pressione su un percorso delicato già necessario per garantire il futuro dell’industria e dell’economia italiana ed europea.
Questo è il quadro dipinto dal Rapporto GreenItaly 2022 attraverso numeri e storie attuali. Diventa così evidente come la chiave per superare queste sfide sia investire in sostenibilità e transizione verde e digitale. Riconferma dell’impostazione del Next Generation EU.
“Nell’anno di ripresa post-pandemia, nel 2021, è cresciuta la quota di imprese eco-investitrici, rilanciando il processo di transizione verde del Paese. Si è passato, infatti, da una quota del 21,4% del 2020, anno in cui gli investimenti green avevano comunque tenuto, ad una del 24,3%.” Ha specificato Andrea Prete, presidente di Unioncamere, durante la presentazione a Roma della tredicesima edizione del Rapporto GreenItaly. “Da anni il nostro mondo produttivo dimostra un’attenzione specifica ai temi della sostenibilità ambientale, e oggi – ha aggiunto il presidente Prete – anche in ragione dell’emergenza energetica, guarda con interesse alle potenzialità delle rinnovabili. Ma, purtroppo, i tempi autorizzativi stanno rallentando l’installazione di impianti per la produzione di questo tipo di energia. Basti pensare che nel 2021 è stata installata solo una potenza pari a 1.351 MW, un dato molto lontano dal target definito dal Governo pari a 70.000 MW da installare entro il 2030.”
La sfida della green economy per l’industria italiana
Secondo il rapporto GreenItaly, 531mila aziende hanno investito in tecnologie e soluzioni green tra il 2017 e il 2021. A livello regionale, la Lombardia è prima per numero di aziende con 90.500, seguita da Veneto con 51.780, Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Piemonte, Sicilia, Toscana, Puglia, Marche. Mentre a livello di province, guida la classifica Roma, poi Milano, Napoli, Torino, Bari, Brescia, Firenze, Bergamo, Vicenza e Salerno.
Con questi dati l’Italia si colloca sopra la media europea, con alcuni punti di forza e qualche debolezza. Da un lato, infatti, la manifattura e le imprese italiane si distinguono per la capacità di saper riciclare materiali e implementare processi volti al taglio degli sprechi (l’Italia si conferma al primo posto nell’economia circolare e per il tasso di riciclo, con risultati migliori rispetto a Germania, Spagna e Francia). Dall’altro, si registra purtroppo ancora uno scarso sviluppo delle energie rinnovabili.
Ma il dato che colpisce di più leggendo il GreenItaly 2002 riguarda gli effetti di questi investimenti. Dal rapporto emerge che le realtà che hanno iniziato a puntare su processi e tecnologie più efficienti e con minor impatto ambientale sarebbero più dinamiche sui mercati esteri rispetto alle altre. In numeri si traduce con un aumento nelle esportazioni del 35% nel 2022 per chi ha investito in sostenibilità contro il 26% delle altre. Lo stesso vale per fatturato (49% contro 39%) e assunzioni (23% contro 16%). Uno stimolo, questo, a investire nella green economy.